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Centro Diagnostico Italiano

Milano, 4 Dicembre 2014

Il 4 dicembre, presso il Centro Diagnostico Italiano di Milano, abbiamo tenuto l’incontro del Network JCI sul piano di cura del paziente.

Una delle sfide più interessanti della Quinta Edizione, infatti, è la spinta verso una maggiore integrazione del lavoro dei professionisti, a beneficio del coordinamento nell’assistenza e della sicurezza dei pazienti: in particolare alcuni standard (AOP.4, COP.2.1, ASC.7.3) insistono su un piano di cura integrato.

Ci siamo interrogati su come andare in questa direzione, con quale razionale e quali benefici.

Ubaldo Rosati dell’Istituto Gaslini ha messo immediatamente a fuoco la questione: ci ha mostrato un caso clinico concreto, in cui emergeva chiaramente che le lacune nella pianificazione delle cure e nell’integrazione del lavoro tra i professionisti possono avere impatti significativi sui pazienti.

Non esistono soluzioni ideali o compiute a livello internazionale, ha ribadito Rosanne Farrel di JCI: l’aspetto importante è avere un approccio che metta al centro i bisogni e gli obiettivi del paziente, integrando e facilitando la collaborazione tra i professionisti.

La discussione delle esperienze e dei tentativi concreti di pianificazione e integrazione delle cure in varie organizzazioni del Network ha fatto emergere una grande dinamicità e interesse sul tema: hanno condiviso le proprie esperienze il CDI, Mater Domini e Gavazzeni, l’Ospedale di Tolmezzo e l’Istituto Europeo di Oncologia. È stato un momento di discussione critico, con l’obiettivo di condividere idee e spunti reali per migliorare la qualità e la sicurezza dei pazienti.

Cosa ci siamo portati a casa? Innanzitutto la consapevolezza che le esperienze che stiamo sviluppando hanno un valore importante: Rosanne ci ha invitato a presentarle a congressi internazionali, tanto ne è rimasta colpita. Soprattutto però abbiamo potuto riconoscere che, al di là degli standard, la pianificazione e l’integrazione sono un aspetto chiave della sicurezza dei pazienti: c’è ancora tanto lavoro da fare…

Ne abbiamo discusso il 5 giugno, mettendo in primo piano esperienze e problemi concreti.

Lorenzo Guerra è un consulente senior di Progea e JCI: lavora da oltre dieci anni con il managment delle organizzazioni sanitarie. A lui abbiamo chiesto di introdurci ai nuovi standard, per descriverci gli attesi di Joint Commission, ma soprattutto di mostrarci quanto la cultura della sicurezza sia cruciale. Prendendo le mosse da una serie di eventi concreti, Lorenzo ha reso evidente che la cultura ha avuto un ruolo fondamentale in diversi incidenti o eventi, nel mondo sanitario e non. Una cultura della sicurezza è innanzitutto una cultura no blame, in cui le persone si sentano a loro agio nell’esprimere la propria opinione o nel segnalare un problema, senza paura di ripercussioni. Ma una cultura della sicurezza è anche una cultura della responsabilità, in cui vengono fatti tutti gli sforzi per prevenire gli incidenti e per mettere le persone in sicurezza.

Come migliorare la cultura delle nostre organizzazioni? Innanzitutto conoscendola davvero, ci ha detto la professoressa Brusoni (SDA Bocconi). Ci ha mostrato uno strumento – un questionario – per valutare la cultura all’interno degli ospedali, discutendo anche alcuni risultati emersi nella sua esperienza.

L’Istituto Europeo di Oncologia e l’Ospedale di Oglio Po hanno adottato tale questionario, aderendo tra i primissimi in Italia al Progetto PaSCAl. Ci hanno mostrato i propri risultati nel corso del tempo, facendo emergere le azioni che hanno intrapreso e gli sviluppi che stanno percependo.

Cosa ci siamo portati a casa? In sintesi che la cultura è un tema molto concreto, che incide profondamente nel nostro lavoro negli ospedali: misurarla è solo l’inizio e abbiamo molta strada davanti a noi.